È bello quando un gruppo italiano conferma i risultati raggiunti, così come i Maerormid che, a tre anni dall'eccellente XIII, si presentano con Stasi, continuando il loro concetto di progressive metal basato su black e doom e, soprattutto, violini mai lasciati al caso e parte integrante della composizione.
I brani si giostrano abbastanza equamente tra la componente più lenta e funerea e quella più nera e violenta: Martire si apre e si chiude con dei lenti riffoni pesantissimi, che incorniciano una composizione di tragici violini e black veloce e urlato, a differenza de Il Muro ad Ovest che parte a muro di chitarre zanzarose e si evole in una lenta costruzione massiccia.
A parziale eccezione abbiamo invece Invocazione, ai limiti del funeral, con bei giochi di basso rotondo e modulazioni spaziali, sempre in chiave rituale ripetitivo ipnotico con tanto di flauto malvagio, mentre alla parte opposta c'è la titletrack, con una certa anima dark ma ben ancorata in territori black prog. Così come black prog è Aura, in un certo senso vicina agli Enslaved, a parte la conclusione piena di groove, un andante con muscolo.
La principale differenza con XIII riguarda forse il violino, che come abbiamo già detto dice il suo senza per forza seguire un binario già scritto, ma in questo caso risalta forse un po' meno rispetto al lavoro precedente: magari è un semplice caso, ma a noi complessivamente non dispiace. Perché pur se leggermente sotto il livello di XIII, Stasi conferma una media comunque alta per una scena che meriterebbe decisamente più seguito.
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