La scena black metal negli ultimi tempi si è in un certo senso arricchita anche grazie a inserimenti provenienti dalle più disparate correnti, soprattutto da quella hardcore. Malice, dei cesenati Lambs, rimane decisamente più ancorata in territori post-sludge-core-e-affini rispetto al vostro solito disco blackened punk, ma l'impronta nera è comunque innegabile.
Apre infatti Debug che in meno di sette minuti anticipa un po' tutto: drone e synthate tra lo spaziale e il ciccione, climax post arpeggiato-tamburato, suoni catramosi e conclusione veloce nera. Arpia è invece decisamente l'episodio più genuinamente metal, non solo per il suo gelido tremolo melodico ma anche per il piglio epico che d'ora in poi verrà quasi mai messo da parte.
Ruins invece anticipa la conclusione brutale con una finta cavalcata, dopo essere transitata a lungo in territori sludge-doom, mentre Perfidia incarna al meglio l'anima più punk, tra quasi talking urlati e attitudine ai limiti dell'hardcore da primi '80. Misfortune chiude il disco così come era stato aperto, citando buona parte delle influenze in una soluzione decisamente più pesante, veloce e dinamica.
I Lambs quindi indovinano alcune idee e presentano un disco solido e ambizioso, che forse avrebbe meritato un pelo di attenzione compositiva in più e, almeno in uno di questi pochi casi, un minutaggio forse maggiore per sottolineare le già citate felici intuizioni. Però pur senza risultare un capolavoro rimane un bel disco, forse più indicato oltre che agli amanti dei vari "core" a quei fan del metal estremo che non si fanno troppi problemi con l'eterodossia artistica.
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