Inizia così ufficialmente la carriera dei Feralia, gruppo black metal torinese, che vanta alla voce in questo Helios Manifesto un'ottima prova di nientepopodimeno che Tibor Kati, membro dei Sur Austru (di recente trattati su Impatto Rock) ma soprattutto ex dell'ultima incarnazione degli indimenticabili Negură Bunget.
E come suona Helios Manifesto? Non è sicuramente il solito disco black metal: in un periodo in cui le commistioni sono comuni ma sempre gradite, i Feralia rimangono sì ancorati al classico suono nero diabolico e paganoide (Abysm) riempiendolo però di influenze dark/post-punk più o meno pesanti. Prendiamo ad esempio la buona Conception che parte in midtempo black metal epico e malinconico per concludere nelle atmosfere già citate con strimpellata bucolica, o meglio ancora la successiva Life che inizia decisamente scandinava per approdare sulle coste inglesi e finire in un club darkettone degli anni '80.
Le due anime si detreggiano più che bene, sia in Death che in Rebirth abbiamo una dritta batteria post-punk in quattro quarti e delle finte intromissioni gotiche: nella prima sul finale che anticipa una vera conclusione brutale, nella seconda all'inizio con il ritmato zompettoso che fa da preludio alla vera struttura epica e tragica della canzone.
Il disco funziona decisamente più che bene, gli manca quel quid in più per renderlo davvero spettacolare (magari quel gelo tipico senza compromessi di altre uscite simili, o magari un'atmosfera più malsana e claustrofobica da incubo urbano) ma il risultato fa comunque pensare ad un proseguimento del discorso pieno di buone idee.
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