Progetto solista di Francesco Del Vecchio, già Oudeís nei Párodos, i Taur-im-Duinath sono, nell'orda dei gruppi black metal italiani, tra quelli dal taglio più internazionale a livello compositivo, nonostante la giovane età ed il ricorso ad il cantato nella lingua natìa che male mai fa. O almeno questa è l'impressione che mi dà il qui presente LP di debutto, Del flusso eterno.
In soldoni potremmo annoverarlo nella scuola del black metal atmosferico old style, melodico al punto giusto e fondato su lunghe composizioni: la lunghezza media dei brani supera gli 8 minuti, ad esclusione dei variegati "interludi" quali gli "organici" Symbelmynë e Hírilorn, tra echi e acusticismi, e il più "sintetico" da ambient ciccione di Mallorn.
Per quanto riguarda invece il lato nero del disco, oltre alle già citate atmosfere melodiche belle dinamiche (Rinascita, Del flusso eterno), possiamo ascoltare anche un'interessante scelta solista dal sapore più heavy e ricercato (Così parlò il tuono, Il mare dello spirito) oltre che a un'azzeccata contaminazione dark ambient spazialoide all'inizio di Ceneri e promesse.
L'unico limite di questo disco è che, tolte le variazioni appena citate, forse si adagia troppo facilmente sugli standard del black metal atmosferico degli ultimi quindici anni, compresi i momenti più tranquilli e ragionati (come il parlato nella titletrack), ma è probabilmente derivato dal doppio taglio della scelta di incarnare alla perfezione soluzioni che se ben eseguite danno in genere ottimi risultati. E forse questo Del flusso eterno ottimo non sarà, ma è decisamente un buon lavoro, in linea con la media mitteleuropea nonostante una provenienza non convenzionale.
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